SCOPO E POTENZIALITÀ DI UNO STRUMENTO
DI DENUNCIA VIA INTERNET
Dall’estate del 2011, il sindacato Unia ha lanciato una campagna sistematica di denuncia della deriva che sta investendo il mercato del lavoro ticinese. In un primo tempo, la nostra azione si è concentrata attorno al settore dell’edilizia, dove il fenomeno della “mala-edilizia” sta assumendo contorni inquietanti. Rapidamente, è diventato sempre più evidente che in Ticino è in atto una vera e guerra sociale condotta dalla maggioranza delle imprese contro decine di migliaia di lavoratori, indipendentemente dal loro settore di appartenenza. Il conflitto fra Capitale e Lavoro è sempre più violento, spesso senza neppure più mediazioni di facciata. Durante gli anni ’90, padronato e governo hanno scatenato una potente offensiva contro i salariati nell’obiettivo di liberalizzare ancora di più il mercato del lavoro e di garantire profitti maggiori alle imprese. E così hanno imposto una profonda riorganizzazione dei processi di produzione, facendo lavorare di più i salariati aumentando l’intensità del lavoro. Senza dimenticare l’esplosione del lavoro temporaneo, l’aumento del numero di salariati obbligati a lavorare la sera, la notte, i week-end. In secondo luogo, il padronato ha attaccato il salario diretto, scavando il divario fra la progressione della produttività e aumento dei salari. Infine, sono state ridotte le garanzie e le indennità/rendite in caso di disoccupazione, invalidità o di pensionamento. In questo modo, il lavoratore è costretto ad accettare une lavoro a condizioni più basse. Il mercato così liberalizzato ha permesso di rilanciare i profitti. Ma si poteva fare di più, accentuando la messa in concorrenza dei lavoratori.
È stato dunque necessario eliminare gli ultimi ostacoli che limitavano la libertà dei padroni di importare lavoratori stranieri obbligati ad accettare condizioni salariali e di lavoro al ribasso, a causa della crisi che colpisce molti paesi dell’Unione europea, abbassando così i salari e peggiorando le condizioni di lavoro. L’introduzione della libera circolazione delle persone in un mercato ultra-liberalizzato, ha dunque permesso ai padroni di aumentare il tasso di sfruttamento e, dunque, i loro profitti, diffondendo il dumping salariale e sociale.
È la realtà di oggi del mercato del lavoro ticinese. Per tentare di arginare questa guerra sociale, è necessario dotarsi di nuovi strumenti di lotta e d’informazione, rompendo con le pratiche del passato. In particolare, diventa imperativo portare nella società, senza inibizioni di sorta, la realtà della violenza che oggi registriamo sui posti di lavoro. Il dumping salariale e sociale cresce nell’ombra, si nutre e s’irrobustisce grazie all’omertà, al silenzio al quale sono costretti i lavoratori se non vogliono perdere il loro posto di lavoro. Il nostro sito www.denunciamoli.ch vuole essere uno strumento – certo non il solo – per rompere questo sistema attraverso la denuncia ma anche l’informazione, la riflessione. I casi dumping presentati dai vari media sono solo l’apice di un fenomeno che ormai è diventato sistema. Come sindacato abbiamo, ahimè!, una visione molto più vasta di quanto succede sul mercato del lavoro. Per cambiare questa situazione, bisogna prima di tutto permettere all’insieme della popolazione di rendersi conto di quanto siano diffusi gli abusi, il non rispetto delle leggi e dei contratti, lo sfruttamento, ecc. Un altro aspetto fondamentale è che il dumping non costituisce un fenomeno “naturale”, senza responsabili, né colpevoli. Il dumping è una politica imprenditoriale, praticata da persone in carne ossa o da società riconducibili a prestanome. È raro che i responsabili di queste forme particolarmente odiose di sfruttamento siano smascherati agli occhi dell’opinione pubblica. Il nostro sito vuole intervenire anche su questo fronte: mostrare che ci sono dei responsabili individuabili con nome e cognome. Persone in carne e ossa, le quali, magari, sono in prima fila nel denunciare il dumping, mentre nell’ombra lo praticano su larga scala. È chiaro che la tanto sbandierata “responsabilità sociale delle imprese” rischia di uscire piuttosto ridimensionata… Magari, con il nostro sito, riusciremo anche a mostrare la vera dimensione del “problema dei frontalieri”, ossia che il vero problema è rappresentato dai padroni ticinesi che per aumentare i loro profitti “offrono” posti di lavoro a 1’000, 1’500, 2’000 franchi, salari che possono essere “accettati” solo da lavoratori italiani, confrontati, quindi, ancora più ricattabili, a una crisi economica che sembra ormai endemica. E allora, forse, riusciremo a far capire ai lavoratori domiciliati che il “nemico” non sono i colleghi frontalieri, ma quei padroni che, mettendoli in concorrenza, licenziano i primi e impongono salari indegni ai secondi.
Infine, uno strumento come la nostra black-list è sicuramente un atto coraggioso da parte del sindacato Unia. Per quale ragione? Perché la democrazia sui posti di lavoro non esiste. Davanti a una nostra denuncia circostanziata, molti padroni imporranno ai loro dipendenti di cambiare sindacato, di dimissionare da Unia e di passare da chi è molto più accondiscende nei confronti delle politiche e degli interessi padronali. In certi casi i lavoratori si rifiuteranno, in molti altri capitoleranno. Naturalmente, non accetteremo questi ennesimi abusi padronali. La nostra è una scelta di fondo, responsabile, nei confronti di uno scenario che sta assumendo i contorni di una vera e propria crisi sociale, le cui uniche vittime sono i lavoratori, indipendentemente dalla loro provenienza e dal loro statuto. Unia non vuole accettare questa prospettiva ed è pronta a lottare su ogni fronte, senza concessioni!