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Unia Regione Ticino e Moesa
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Il caso della ditta Rossi Luca Impresa di Pittura di Locarno è sintomatico di quel modo di fare impresa che genera dumping salariale e precarietà nel nostro cantone. Sfortunatamente, il binomio imprenditorialità e dumping è una tendenza che si sta chiaramente rafforzando in Ticino.
Il caso in questione, però, illustra pure gli ampi margini di manovra che il sistema legale elvetico offre a questi sfruttatori, per realizzare profitti e scaricare i costi finanziari e sociali sulle spalle dei lavoratori e delle istituzioni sociali.
L’imprenditore Luca Rossi, attivo a Locarno, vanta un corposo passato d’infrazioni, di non rispetto degli obblighi contrattuali e salariali. Fondata la ditta nell’aprile del 2005, la Rossi Luca Impresa di Pittura conosce le prime difficoltà a inizio 2008. Per gli operai le difficoltà sono ancora maggiori: l’imprenditore decide, infatti, di risolvere i problemi finanziari non pagando i salari alla sua forza-lavoro. È così che il sindacato Unia deve lanciare la procedura per il recupero delle spettanze salariali. Ciò significa ricorrere alle indennità insolvenza. È così che gli operai riescono a recuperare, in totale, circa 50’000 franchi di soli salari. Di primo acchito, verrebbe voglia di dire che tutto si è risolto per il meglio. Solo in apparenza. La legge contro la disoccupazione (LADI) prevede «la possibilità per gli assicurati di ottenere un’indennità per insolvenza del datore di lavoro a copertura dei crediti salariali rimasti scoperti negli ultimi quattro mesi, qualora sia stata aperta contro il datore di lavoro una procedura di fallimento o di pignoramento». Il primo problema è che le indennità insolvenza coprono solo gli ultimi 4 mesi di salario e di 13ma ma non le altre spettanze, come le ore straordinarie accumulate, le vacanze arretrate, ecc. Per esempio, se il fallimento della ditta avviene a fine dicembre, i lavoratori ricevono solo 4/12 della tredicesima e se hanno accumulato ore straordinarie durante l’anno, queste evaporano… La copertura delle indennità insolvenza è dunque parziale.
Il secondo problema, più di fondo, è che le indennità insolvenza sono pagate con i contributi partiteci della disoccupazione. Quindi, il rischio aziendale degli imprenditori è finanziato anche con i soldi dei lavoratori dipendenti, ossia le vittime di quegli imprenditori senza scrupoli che sfruttando le leggi, in questo caso la LADI, “pilotano” il fallimento della ditta, cessando 4 mesi prima di pagare i salari. Il giochetto è semplice: il padrone aumenta il proprio margine di profitto economizzando durante 4 mesi i salari dei dipendenti (più tutti i contributi sociali!) e poi chiede il fallimento oppure lascia che altri lo facciano al suo posto. Così, tiene tranquilli gli operai spiegando loro che recupereranno i salari grazie all’insolvenza scaricando, però, la fattura sulla collettività, in stragrande maggioranza formata da salariati. Questo sistema non è raro. Sempre più spesso agli sportelli sindacali si presentano operai che dicono di essere stati mandati dai loro padroni per “ricevere i salari arretrati”…
Fatta questa doverosa divagazione, torniamo al caso del signor Luca Rossi. A inizio 2009, la sua ditta è cancellata d’ufficio dal registro di commercio, essendo stato decretato il fallimento. Fine della storia? Neppure per sogno. La sede Unia di Locarno invia nel novembre del 2010 una lettera al signor Rossi Luca, Impresa di Pittura, una richiesta di pagamento di salari arretrati (3 mesi) per un dipendente.
Arriviamo così a maggio del 2014, quando ai nostri sportelli si presenta un operaio della ditta Luca Rossi Impresa di Pittura. Dal contratto (vedi allegato) si può leggere che il lavoratore è pagato 1’500 franchi lordi. Ora, sulla base del contratto collettivo, il salario più basso, quello dei “lavoratori estranei al ramo” (senza esperienza professionale), è di 3’945 franchi lordi mensili! Una differenza, quella offerta dal signor Luca Rossi, pari a 2’445 franchi. In busta paga, l’operaio si è trovato, per il mese di aprile 2014, uno stipendio netto 864,55 franchi.
Il fatto che il contratto collettivo della pittura preveda un salario lordo di 3’945 franchi per un lavoratore estraneo al ramo, relativamente elevato se considerato che quello di un lavoratore qualificato senza certificato di capacità è di 4’421 franchi lordi mensili, è dovuto all’intenzione di limitare il dumping salariale attraverso lo schiacciamento delle qualifiche. Detto molto semplicemente, evitare che personale qualificato, soprattutto frontaliero, sia assunto come lavoratore estraneo al ramo, quindi sottopagato rispetto alle sue reali capacità. Il signor Rossi non solo infrange questa regola ma lo fa in maniera assolutamente arrogante. Un’altra dimostrazione di come il “problema dei frontalieri” sia in realtà, e sempre più spesso, creato in Ticino da padroni che impongono tassi di sfruttamento medievali.
Per completare il quadro, due settimane fa si presentano ai nostri sportelli due altri operai della ditta Rossi Luca Impresa di pittura. La ragione? Salari non pagati…