NON SOLO FIORI AL NUOVO CAMPUS UNIVERSITARIO SUPSI/USI DI VIGANELLO…
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Il nuovo Campus universitario della Supsi/Usi di Viganello è stato inaugurato. Come era facilmente prevedibile hanno dominato le tinte celebrative e i toni entusiastici. Alla popolazione è stata presentata la dimensione positiva di questo importante investimento. Eppure, anche in questo importante cantiere pubblico non sono mancate le zone d’ombra inquietanti. Naturalmente nessuno ne ha informato l’opinione pubblica, conformemente alla scelta di nascondere e di evitare l’assunzione di qualsiasi responsabilità quando i fatti sono emersi in tutta la loro forza negativa. Parliamo in particolare della direzione della Supsi, quale committente del progetto in questione e perfettamente informato di quanto succedeva sul suo cantiere.

Il caso che andremo a svolgere è preoccupante perché sembra indicare che la “mala-edilizia”, in particolare la sua declinazione sottoforma di dumping salariale e di concorrenza sleale, sia ormai un fenomeno che ha contaminato anche i cantieri pubblici e para-pubblici. Dopo il cantiere del LAC, è successo al campus universitario. Questi i casi più eclatanti. E domani? Non dimentichiamoci infatti che a breve dovrà partire anche il progetto del Polo Sportivo e degli Eventi (PSE), un progetto enorme dal punto di vista edile e finanziario. La presente denuncia del sindacato Unia, sempre più isolato nella sua battaglia per arginare queste derive, ha anche quale obiettivo quello di evitare la riproduzione di questi casi estremamente negativi, soprattutto se realizzati su cantieri pubblici, dove il controllo delle regole e dei disposti contrattuali dovrebbe essere indiscutibile. E invece constatiamo anche in questo ambito una diffusione del dumping salariale. E soprattutto si conferma una generale tolleranza nei confronti di queste pratiche, dove sono più gli occhi che si chiudono di quelli che si spalancano, anche quando ci sarebbe la possibilità d’intervenire in tempo. Passiamo ora alla presentazione di questo caso.

 

Un po’ di contestualizzazione

 

Il 2 ottobre 2017 ha avuto luogo la posa della prima pietra in vista della realizzazione del nuovo campus USI / SUPSI di Lugano-Viganello, sul terreno dell’ex fabbrica Campari. Il nuovo complesso prevedeva di accogliere la Facoltà di scienze informatiche, con il suo Istituto di scienze computazionali (ICS), la nuova Facoltà di scienze biomediche dell’USI, l’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale (IDSIA) e il Dipartimento tecnologie innovative della SUPSI.

Il committente dell’intero progetto è il Consorzio USI / SUPSI per il Campus di Lugano-Viganello, gestito dal Comitato di pilotaggio[1]. Il progetto costerà complessivamente 126,6 milioni di franchi[2].

Il 7 marzo 2017 veniva pubblicato il bando di concorso (appalto) per le opere da impresario costruttore. Ben 12 offerte giungono al committente. Il 7 luglio 2017 l’appalto è aggiudicato dalla ditta Garzoni SA di Lugano per un prezzo di 16’998’592,05 CHF. A questo punto, iniziamo a entrare nel vivo di questa vicenda.

Nel bando di concorso era esplicitato, al punto 3.6., quanto segue: «il subappalto è ammesso unicamente per l’esecuzione dei carotaggi e dei tagli nel calcestruzzo armato, dei ponteggi, per la fornitura e posa d’acciaio d’armatura, per l’esecuzione di casserature, di prove e provini, per il trasporto di tutti i materiali di cantiere, per l’esecuzione delle impermeabilizzazioni, delle saldature e delle costruzioni in acciaio, per la fornitura dei pilastri prefabbricati e delle scale prefabbricate, per trasporti e sollevamenti pesanti sul cantiere, per la videoispezione delle condotte, per la precompressione, per i tracciamenti, per il fornitore del sistema vasca bianca.»[3]. La Legge sulle commesse pubbliche (LCPubb) stabilisce, all’art. 24 e capoversi seguenti, che il subappalto è di principio vietato e che gli atti di gara possono ammettere il subappalto a un solo livello. Un riferimento la cui centralità sarà decisiva in questa vicenda. In concreto, la Garzoni SA, quale impresario costruttore, poteva ricorrere solo a un subappaltatore – 1° livello – per la posa dell’acciaio d’armatura. Ciò che non avverrà. La LCPubb dice anche, all’art. 45b, che «è punito con la multa sino a fr. 50’000.- chiunque intenzionalmente: c) procede a un subappalto non autorizzato o esegue una commessa con personale o mezzi non propri violando il requisito di domicilio e sede in Svizzera allo scopo di conseguire un indebito profitto». La sanzione è di competenza del Consiglio di Stato.

Per quanto riguarda la fornitura e la posa d’acciaio d’armatura, i quantitativi necessari alla realizzazione del Campus si sommano a 2’972’682 kg, una cifra particolarmente importante. Altrettanto fondamentale è capire come funziona questo sotto settore dell’edilizia, in particolare le dinamiche attenenti ai prezzi.

 

Prezzi e sottocosto nella posa dell’acciaio d’armatura

 

Da ormai diversi decenni, la posa del ferro è stata esternalizzata. In precedenza si trattava di una lavorazione compiuta in proprio dall’impresa edile, con i suoi ferraioli. Paradossalmente, più prendeva importanza l’uso del cemento armato, più diminuiva l’interesse delle ditte edili ad assumere il lavoro di posa. È così che si sono costituite delle ditte specializzate nella posa dell’acciaio d’armatura. Anche queste ditte sottostanno al Contratto Nazionale Mantello dell’edilizia. Fino a 3-4 anni fa, il mercato della posa del ferro in Ticino era controllato da 4 ditte. Queste erano emanazione diretta o indiretta delle grandi società di fornitura di materiale per l’edilizia, in particolare di acciaio d’armatura. La ragione è presto spiegata: decisa l’esternalizzazione, le imprese edili volevano interagire unicamente con un referente per quanto riguardava fornitura e posa del tondino d’acciaio. Perciò i grossi fornitori hanno dovuto creare le loro ditte per la posa oppure prendere delle partecipazioni in ditte esistenti. Per i grossi fornitori di materiale edile, la posa dell’acciaio è un disturbo, è un’attività obbligata della quale farebbero volentieri meno. Il loro interesse principale è la vendita di acciaio. È così che nel tempo la posa è diventata una prestazione svalutata, deprezzata, una variabile attraverso la quale esercitare una concorrenza spietata per accaparrarsi le commesse relative alla fornitura. In questo senso, si assiste a una continua e pesante pressione sui prezzi della posa. Per i grossi fornitori, l’obiettivo a corto termine è quello di disfarsi delle proprie ditte di posa, ricorrendo a soggetti indipendenti sui quali ribaltare dei prezzi di posa sempre più bassi. Così facendo i primi evitano di dover assumere le perdite finanziarie generate da questo sottoprezzo nella posa. Questa logica imprenditoriale ha quale grave conseguenza quella di istigare il dumping salariale nelle sue diverse forme, “legali” e illegali. È così che i ferraioli, i posatori d’acciaio, sono qualificati quasi tutti come manovali (salari più bassi), quando la loro attività è tutt’altro che banale. Sempre più spesso non sono garantiti certi diritti contrattuali (tempo di viaggio, trasferte, ore da calendario, ecc.), nell’obiettivo di ridurre i costi. Nel quadro del contratto collettivo di lavoro, la compressione della massa salariale ha dei limiti. Ecco che negli ultimi anni abbiamo assistito a diverse derive nel settore della posa del ferro, con ditte fatte venire dall’Italia o dalla Svizzera tedesca, a prezzi insostenibili. Ma anche sul mercato interno sono nate ditte di posatori “indipendenti”, spesso costituite da operai licenziati dalle ditte storiche, le quali ricevono lavoro a prezzi insostenibili dai grossi commercianti. Per poter resistere, queste nuove e piccole società sono sospinte a infrangere sistematicamente i disposti contrattuali, a praticare il dumping salariale su larga scala. La loro “speranza di vita” è limitata ma sufficiente a scardinare l’intero sistema. Una tendenza assolutamente preoccupante. Ai tempi della partenza del cantiere Supsi/Usi di Viganello, il prezzo minimo medio della posa d’accio per poter sopravvivere si aggirava attorno ai 45 centesimi/kg. In questo prezzo non sono compresi i materiali accessori come i legacci, le caramelle, i distanziatori, necessari alla posa (il cui costo si aggira attorno agli 0,03 centesimi). Più si scende sotto questo prezzo, parliamo evidentemente di una media, più le ditte di posa iniziano ad accumulare perdite. Fino ad un certo livello il prezzo della posa può essere coperto da quello della fornitura, trovando un equilibrio che rende ancora profittevole l’insieme delle operazioni. Se ci rapportiamo al solo prezzo della posa, questo gravita oggi e sempre più spesso attorno ai 38 centesimi/kg. Siamo ormai giunti al livello dove il prezzo non permette più il rispetto integrale del contratto collettivo di lavoro: dalla dequalificazione delle competenze – forza lavoro composta quasi esclusivamente e in maniera fittizia da manovali e semi-manovali – si sta passando al mancato pagamento delle trasferte, fino addirittura al non riconoscimento puro e semplice di una parte delle ore lavorate. La situazione sta però peggiorando. Sempre più spesso si ha notizia di cantieri dove la posa è svenduta a 33-35 centesimi/kg. In parallelo si stanno diffondendo le ditte slegate dai grandi fornitori, alle quali è “scaricato il compito” di praticare e assumere il dumping salariale sempre più pesante. Ditte che avranno una vita breve ma sufficiente a disgregare un intero settore.

 

Le novità sul cantiere Supsi/Usi di Viganello

 

Ricostruito brevemente il settore della posa del ferro, possiamo tornare al cantiere Supsi/Usi di Viganello. Attorno a inizio ottobre 2017, i lavori entrano nel vivo. Fin da subito i funzionari di terreno del sindacato Unia registrano un’importante novità: i ferraioli presenti sul cantiere sono nuovi, non appartengono alle ditte ticinesi. Rapidamente si scopre che la ditta proviene dalla Svizzera tedesca. Seconda novità, una buona fetta di questi ferraioli non ha alcuna esperienza nella posa del ferro. Questi fattori accendono i riflessi dei funzionari Unia, i quali iniziano a costruire un rapporto minimo di conoscenza e fiducia con questi ferraioli.

Parallelamente, il sindacato riesce a mettere le mani, fatto raro, sul contratto della posa dell’acciaio d’armatura[4]. Se ancora si era a livello di sospetti in merito a quanto stava accadendo in cantiere, questo documento trasforma i dubbi in certezze. L’offerta per la posa dell’acciaio d’armatura stabilisce il prezzo di 0,30 centesimi/kg, per un totale di 891’804 franchi. La fattura totale sarà di 1’025’159,30 franchi. Il documento è importante anche perché stabilisce formalmente l’appaltatore di 1° grado – e unico ammissibile secondo la legge – nella società DIE Akkordunternehmung Schweiz AG. Questa società ha la sede principale a Lucerna e 5 succursali, della quali una a Lugano, in Corso Elvezia 13. Fra i principali scopi societari figura la “fornitura di servizi di costruzione di tutti i tipi e la fornitura come appaltatore generale”. Detto in altre parole, la società si occupa di fornire servizi alle imprese edile, proponendosi come appaltatore, in particolare nella posa del ferro.

Il prezzo proposto alla ditta Garzoni SA di 30 centesimi al kg è il più basso mai registrato dal sindacato Unia, un prezzo insostenibile per qualsiasi soggetto che voglia rispettare i disposti contrattuali e assicurarsi anche un margine di profitto. A titolo di paragone, il sindacato Unia ha avuto la conferma “ufficiosa” che due gruppi ticinesi hanno fatto offerte di 39 centesimi/kg e di 41 centesimi/kg, prezzi in perdita ma sopportabili perché compensati dalla fornitura dell’acciaio.

Ma più il sindacato Unia rafforzava il suo legame con i ferraioli sul cantiere, più emergeva un quadro preoccupante della situazione. Infatti, i funzionari sindacali scoprono che i ferraioli attivi non appartengono alla DIE Akkordunternehmung Schweiz AG ma bensì alla Pleschina Armierungen GmbH, ditta Thun attiva nella posa dell’acciaio da armatura. La società DIE Akkordunternehmung Schweiz AG si è limitata a presentare la documentazione di 10 suoi dipendenti, i quali non hanno mai messo i piedi in Ticino. Documentazione servita unicamente a espletare le blande misure richieste nella procedura di aggiudicazione del subappalto. In realtà, come il sindacato Unia ha potuto appurare, i ferraioli presenti sul cantiere erano tutti inequivocabilmente assunti dalla ditta Pleschina Armierungen GmbH[5]. Addirittura, per alcuni mesi, sul cantiere transitano anche i ferraioli della ditta Jaha Bau GmbH, un’altra ditta della posa di tondini d’acciaio proveniente da Dietikon, canton Zurigo. Quest’ultima è stata con tutta probabilità chiamata dalla Pleschina Armierungen GmbH per aiutarla a realizzare i lavori di posa. Successivamente, la Jaha Bau GmbH abbandonerà il cantiere di Viganello perché non pagata dalla Pleschina Armierungen GmbH[6]. In sostanza, neppure una traccia di operai alle dipendenze della DIE Akkordunternehmung Schweiz AG.

A questo punto gli elementi raccolti portavano a una prima conclusione indiscutibile: sul cantiere Supsi/USI di Viganello, nel campo della posa dell’acciaio d’armatura, era in atto un’infrazione del bando di concorso e della Legge sulle commesse pubbliche (LCPubb), nella forma del subappalto del subappalto. Addirittura, almeno per un certo periodo, i gradi di subappalto raggiungono i tre livelli! I ferraioli della Pleschina Armierungen GmbH contribuiscono a completare il quadro della situazione. Il contratto di subappalto fra la DIE Akkordunternehmung Schweiz AG e la Pleschina Armierungen GmbH prevedeva un prezzo per la posa di 27 centesimi/kg! Dunque il primo subappaltatore guadagnava 3 ct./kg per il solo fatto di aver firmato il contratto con la Garzoni SA. Come avveniva, invece, il profitto del secondo subappaltatore, quello illegale, considerando i prezzi impossibili contrattati? Nel modo più tipico adottato in questi casi: rifacendosi sulla forza-lavoro. I ferraioli della Pleschina Armierungen GmbH hanno affermato infatti di lavorare su chiamata, quando i contratti erano firmati al 100%. Pratica questa vietata dal Contratto nazionale mantello dell’edilizia. Inoltre, gli operai senza esperienza nel mestiere, dopo qualche tempo non ricevevano più il salario e non venivano più chiamati. Successivamente, più si avvicinava la fine dei lavori di posa, anche gli operai più esperti iniziavano a ricevere solo acconti e, infine, negli ultimi 2-3 mesi prima del completamento della posa, il pagamento del salario si arrestato del tutto. I proprietari della Pleschina Armierungen GmbH hanno estratto il loro margine di profitto anche non pagando gli oneri sociali (AVS, AD, LPP, Suva) e quelli contrattuali (contributo professionale), come anche le varie tasse. Va precisato che questo genere di operazioni hanno vita breve nel senso che le ditte alla base di questo sistema – nel nostro caso la Pleschina Armierungen GmbH – sanno perfettamente che la loro azione fraudolenta può essere portata avanti per un periodo limitato di tempo (1-1,5 anni), poi il mancato pagamento dei salari e degli oneri sociali porta all’inevitabile fallimento societario, con relativo scarico dei debiti sulla collettività.

Resta da calcolare, almeno approssimativamente, il margine di profitto ottenuto dall’appaltatore, ossia la ditta Garzoni SA e dal primo subappaltatore, la DIE Akkordunternehmung Schweiz AG. Se si considera il prezzo di riferimento corretto di 45 ct./kg per la posa, il costo totale di questa lavorazione avrebbe dovuto essere di 1’337’707 franchi. Al prezzo di 30 centesimi/kg – quello pagato al primo subappaltatore – l’impresa Garzoni SA ha pagato la cifra di 891’804 franchi, realizzando quindi un guadagno di 445’902 franchi! La DIE Akkordunternehmung Schweiz AG, subappaltando illegalmente a 27 centesimi/kg la posa alla Pleschina Armierungen GmbH ha ottenuto un indebito guadagno di almeno 89’179 franchi. Lo ribadiamo, queste sono stime molto vicine alla realtà. Per avere un risultato preciso sarebbe necessario avere la documentazione completa. I soggetti coinvolti si sono sempre rifiutati di fornire questa documentazione al sindacato Unia, anche se si tratta di un cantiere pubblico, finanziato con i contributi della collettività.

 

Committente e appaltatore fanno finta d’intervenire ma lasciano tutto com’è…

 

Non appena ricostruite le dinamiche in atto, il sindacato Unia ha subito interpellato il committente, ossia il Project Management Office del Consorzio. A metà novembre 2017, avviene un incontro tra i rappresentanti del sindacato Unia e il Project Management Office del Consorzio. Quest’ultimo si dice pronto a intervenire e offre la massima collaborazione. Inizialmente, sembra che si possa procedere in questo senso. Il Consorzio Supsi/USI sospende per una decina di giorni l’azione dei ferraioli della Pleschina Armierungen GmbH, richiede i contratti di lavoro e altra documentazione. Poi, però, già nell’ultima settimana di novembre 2017, gli operai della Pleschina Armierungen GmbH ritornano tranquillamente in cantiere a lavorare. E a partire da questo momento, cessa sostanzialmente la “collaborazione” fra il sindacato e il Consorzio Supsi/USI. La ragione rinvierebbe al fatto che la situazione, secondo il committente e l’impresa edile generale, sarebbe stata sanata. Come? Semplicemente la DIE Akkordunternehmung Schweiz AG non sarebbe più il subappaltatore della posa, ruolo questo passato direttamente alla Pleschina Armierungen GmbH. Ecco che con una semplice decisione del Consorzio Supsi/USI il secondo subappaltatore diventa il primo e unico, mentre l’ex primo subappaltatore si fa gentilmente da parte. A “normalizzare” la situazione sarebbe intervenuta anche un altro fatto. Iscritta al registro di commercio del canton Berna in data 14 agosto 2017, la  Pleschina Armierungen GmbH risultava essere di proprietà di Minir Llugaxhiu, detentore di 200 azioni da franchi 100 ciascuna. In data 30 novembre 2017, ossia dopo la segnalazione del sindacato Unia della situazione d’illegalità venutasi a creare, nel registro di commercio si può leggere che la DIE Akkordunternehmung Schweiz AG è diventata proprietaria di 190 azioni da 100 franchi della Pleschina Armierungen GmbH, mentre Minir Llugaxhiu rimane proprietario di 10 azioni. Una manovra di basso cabotaggio per rafforzare l’idea che tutto sia stato sanato e che la posa dell’acciaio d’armatura sia comunque sotto uno stesso gruppo. Questa tesi sarà successivamente sostenuta dall’impresa Garzoni SA. Una tesi ridicola: i soggetti societari sono legalmente e indiscutibilmente due. Quest’insieme di manovre è sufficiente perché committente e impresario costruttore (appaltatore) considerino chiuso il discorso del subappalto illegale e perché si possa tornare a lavorare come se nulla fosse.

Nei fatti, però, non è mutato nulla. I lavoratori della Pleschina Armierungen GmbH hanno confermato inequivocabilmente che il loro riferimento in cantiere era sempre la ditta DIE Akkordunternehmung Schweiz AG, nella persona soprattutto di Adrian Beeler. Per esempio il capo squadra dei ferraioli continua a rivolgersi alla DIE Akkordunternehmung Schweiz AG quando necessitavano di più operai o per qualsiasi problema tecnico, come anche per rivendicare il pagamento dei salari… Era sempre questa ditta che partecipava alle riunioni di cantiere concernenti l’avanzamento lavori. E la ditta Garzoni SA continuerà durante l’intero 2018 a interagire con la DIE Akkordunternehmung Schweiz AG per tutto quanto ha riguardato la posa del ferro.

Anche negli ultimi giorni di vita della Pleschina Armierungen GmbH, ossia dopo metà novembre 2018, il direttore della Garzoni SA, Alessandro Gibelli, continuerà a relazionarsi esclusivamente con Adrian Beeler, rappresentante della società DIE Akkordunternehmung Schweiz AG. Anche quando il sindacato Unia chiede alla ditta Garzoni SA di assumere i salari arretrati dei ferraioli, il direttore Alessandro Gibelli contatta il rappresentante Adrian Beeler chiedendogli l’accordo affinché il saldo della fattura (26’207,50 franchi) a favore della Pleschina Armierungen GmbH sia girato al sindacato Unia, il quale avrebbe dovuto girare a sua volta la somma ai lavoratori in questione (documento 3). In gergo si chiama una cessione di credito. Nonostante l’accordo verbale favorevole dato dal rappresentante della DIE Akkordunternehmung Schweiz AG, la cessione di credito sarà firmata dal nuovo gerente della Pleschina Armierungen GmbH ma non diventerà mai attiva perché quasi simultaneamente giunge l’ufficializzazione del fallimento della società[7].

A questo punto si apre l’ultimo triste capitolo di questo grave caso di illegalità su un cantiere pubblico ticinese.

 

Le conseguenze di un’operazione illegale scaricate sulla collettività

 

Come abbiamo detto nelle pagine precedenti, con i prezzi insostenibili praticati a livello della posa dell’acciaio d’armatura sul cantiere Supsi/USI di Viganello, l’implosione della situazione era solo questione di tempo. Nonostante fin da subito la ditta Pleschina Armierungen GmbH sia resa colpevole di gravi infrazioni ai disposti contrattuali vigenti e alle leggi in materia di assicurazioni sociali, la meccanica di queste operazioni prevede un effetto di progressione a livello dell’intensità dello sfruttamento esercitato sulla forza-lavoro impiegata in concomitanza con la fine dei lavori. Se inizialmente l’impresa esercita un grado di sfruttamento illecito diciamo costante, con l’avvicinarsi della fine dei lavori il livello subisce un incremento, quasi sempre caratterizzato dalla cessazione del versamento dei salari o solo tramite piccoli e insufficienti acconti. Ed è esattamente quanto avvenuto nel caso in analisi. Secondo quanto testimoniato dai ferraioli al sindacato Unia, fin dall’inizio i salari arrivavano con un ritardo che si situava attorno al mese. Da agosto 2018, la situazione è rapidamente degenerata. Sostanzialmente, i ferraioli non hanno più ricevuto il salario a partire dal mese di settembre 2018. A questi vanno aggiunti i colleghi che avevano abbandonato la ditta in precedenza e che vantavano varie e consistenti spettanze salariali nei confronti della Pleschina Armierungen GmbH. In totale, secondo i conteggi forniti dalla stessa Garzoni SA, sono transitati sul cantiere Supsi/USI di Viganello ben 49 ferraioli impiegati dalla Pleschina Armierungen GmbH ma gestiti e organizzati dalla DIE Akkordunternehmung Schweiz AG.

La graduatoria dei creditori della Pleschina Armierungen GmbH ha permesso di dare una dimensione del costo finanziario pagato dalla collettività a causa del mancato rispetto delle leggi in materia di subappalto e al dumping salariale che ne è derivato. Per il costo sociale bisognerebbe parlare con i lavoratori e le loro famiglie che hanno subito questo regime. I crediti scoperti hanno raggiunto i 783’147 franchi. A questa cifra possiamo togliere i 100’000 franchi della multa inflitta dalla Commissione paritetica Cantonale dell’edilizia alla Pleschina Armierungen GmbH per le infrazioni richiamate all’inizio di questo documento[8]. Restano 683’147 franchi, in buona parte sottoforma di spettanze salariali. I crediti non garantiti di prima classe ammontano a 393’491 franchi di salari, vacanze e tredicesima non pagati, compensati dal fondo insolvenza della Cassa Cantonale Assicurazione Disoccupazione, durante i mesi da fine luglio a metà novembre 2018. Vi sono poi 28’795 franchi di contributi LPP e 15’930 franchi di contributi per il prepensionamento anticipato scoperti. In classe due, sono stati riconosciuti 32’872 franci di mancati contributi dell’assicurazione contro la disoccupazione, 52’026 franchi di contributi AVS evasi, 9’041 franchi di contributi SUVA non pagati. In classe tre, si registrano 77’212 franchi sottratti all’imposta sul valore aggiunto e 67’000 franchi di spettanze salariali non coperte del fondo insolvenza della Cassa Cantonale Assicurazione Disoccupazione, soldi che gli operai non vedranno mai più. Naturalmente abbiamo riportato i principali creditori. Il totale reale, ricordiamolo, del buco creato ad arte ammonta a 683’147 franchi.

 

Una grave esperienza che almeno serva in futuro…

 

 

Il caso che abbiamo ricostruito impone ovviamente delle riflessioni conclusive. Sul cantiere Supsi/USI di Viganello si è consumato un grave caso di violazione della Legge sulle commesse pubbliche (LCPubb) nella misura in cui è stato praticato il subappalto del subappaltato. In secondo luogo, accettando dei prezzi palesemente sottocosto, si sono incentivati il dumping (salariale e contrattuale), la concorrenza sleale e la politica dei fallimenti a scopo di lucro. Tutto ciò è avvenuto in un cantiere finanziato e sotto la responsabilità dalle autorità pubbliche, con queste ultime che dovrebbero essere in prima linea nella lotta senza quartiere alle derive citate più sopra. Invece, il committente diretto – il consorzio Consorzio USI / SUPSI – e l’impresario costruttore – la Garzoni SA – hanno coperto quanto stava succedendo sul cantiere, nonostante i problemi fossero stati rapidamente segnalati e ci fosse il tempo per reagire con decisione, allontanando i subappaltatori e ricorrendo a ditte locali. Invece, chi facendo finta che la situazione fosse stata sanata, chi manovrando per creare questo paravento dietro il quale lasciare scorrere placidamente il fiume della “mala-edilizia”, nulla è stato intrapreso per bloccare questa deriva.

Considerata la gravità di quanto ricostruito, il sindacato Unia chiede al Consiglio di Stato, quale autorità di vigilanza superiore, di accelerare senza ulteriori esitazioni l’inchiesta ancora pendente presso l’Ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche, il quale è da almeno due anni che sta indagando sul caso. E che una volta confermata l’infrazione della LCPubb, siano applicate le sanzioni più severe previste, in particolare l’esclusione dalla partecipazione a commesse pubbliche (art. 45a) e la comminazione della multa massima contemplata dalla legge (art. 45 b). Infine, il Consiglio di Stato valuti anche se esistono gli estremi di una denuncia penale. La necessità di una reazione dura, senza sconti, si giustifica soprattutto per il fatto che questi avvenimenti si sono verificati in un cantiere pubblico. Se neppure in questi frangenti si può contare su un rispetto totale delle leggi e dei disposti contrattuali, sarà quasi impossibile contrastare queste derive nei cantieri privati, i quali rappresentano la stragrande maggioranza dei lavori edili. Un segnale forte anche in vista degli imminenti importanti cantieri pubblici, primo fra i quali il Polo Sportivo e degli Eventi di Lugano. Il messaggio deve essere, infatti, che le autorità pubbliche, a qualsiasi livello, non tollereranno altre situazioni di abusi e illegalità. Approfittiamo del passato per non ripeterci nel presente e nel futuro. 

 

 

 

[1] All’epoca della realizzazione del Campus di Lugano-Viganello facevano parte del comitato di pilotaggio le seguenti personalità: Alberto Petruzzella (presidente del Consiglio SUPSI), Albino Zgraggen (Segretario della Fondazione per le facoltà di Lugano dell’USI e, fino a settembre 2019, Segretario generale USI), Piergiorgio Morandi.

[2] Rapporto 7805 R, 6 ottobre 2020, della Commissione gestione e finanze del Gran Consiglio, p. 4.

[3] www.simap.ch

[4] L’offerta per la posa dell’acciaio d’armatura è giunta al sindacato in forma anonimizzata. Non esistono tuttavia dubbi che si tratti di quella concernente il cantiere Supsi/USI di Viganello. Infatti i quantitativi riportati nell’offerta formulata dalla ditta DIE Akkordunternehmung Schweiz AG corrispondono esattamente a quelli fissati nel Bando di concorso pubblicato il 7 marzo 2017. Anche la data dell’offerta corrisponde alle tempistiche della posa realizzata sul cantiere. (documenti 1 e 2)

[5] Successivamente, il sindacato Unia entra in possesso di ben 22 contratti di lavoro firmati con la ditta Pleschina Armierungen GmbH di operai attivi sul cantiere Supsi/USI di Viganello. Lavoratori che figurano sulle liste di controllo adottate dalla ditta Garzoni SA dopo le prime segnalazioni dello stesso sindacato Unia…

[6] Secondo testimonianze dirette raccolte dal sindacato Unia, la Jaha Bau GmbH non avrebbe incassato dalla Pleschina Armierungen GmbH una somma di 200’000-300’000 franchi per lavori eseguiti a Viganello e in altri cantieri ticinesi. Sembra anche che la Jaha Bau GmbH abbia chiesto alla Garzoni SA il pagamento del lavoro eseguiti a Viganello e mai pagati dalla Pleschina Armierungen GmbH. La risposta della Garzoni sembra essere stata piuttosto lapidaria: avendo pagato la Pleschina Armierungen GmbH, il problema non esisteva.

[7] La data formale del fallimento è il 21 novembre 2018.

[8] La CPC edilizia ha rilevato il pagamento delle ore realmente prestate e non quelle garantite dal contratto al 100% (sostanzialmente lavoro su chiamata), come il fatto che il netto in busta non corrispondeva alla somma pagata, il mancato pagamento degli assegni famigliari, il mancato indennizzo delle trasferte e delle indennità di convenienza.documento 1 documento 2 documento 3