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Unia Regione Ticino e Moesa
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Società anonima dotata di un capitale sociale di 100’000 franchi, ossia il minimo indispensabile richiesto dalla legge, la Gipienne SA è stata fondata a fine 2005 e la sua sede produttiva è a Stabio. Il suo scopo aziendale è sintomatico e lo riportiamo integralmente dal Registro di commercio: «Scopo: Stoccaggio e gestione merci per conto terzi. Imballaggio e inscatolamento di merci, in particolare nel settore dei giocattoli per conto terzi. Lavorazioni per conto terzi di qualsiasi genere. Stampaggio e altre lavorazioni per conto terzi. Commercializzazione di prodotti propri o di altri, di importazioni o nazionali. Ogni attività commerciale in genere». In sostanza, la Gipienne SA si offre quale subappaltatrice per conto di altre ditte, come per esempio la Tyco SA, la MES SA, la Precicast SA, ecc. Si è specializzata nell’eseguire una serie di lavorazione a basso valore aggiunto che le altre ditte preferisco esternalizzare per comprimere ulteriormente i costi di produzione. Addirittura, “presta” anche il suo personale come una sorta di agenzia interinale, solo a prezzi inferiori, come nel caso della Trasfor SA.
Le prime segnalazioni sul caso Gipienne sono arrivate nel 2011 ma solo nel 2012, durante un’inchiesta sui salari da fame nel Cantone, si è sviluppata una vertenza. Alla Gipienne SA il problema principale è rappresentato dai salari indecenti versati alle maestranze. La prassi vuole che nei primi tre mesi di prova le persone sono assunte con salario di 1’800 franchi lordi, per poi passare, se sono donne, a 2’100 franchi lordi mensili e, se uomini, a 2’400 franchi lordi mensili (per arrivare a un massimo di 3’100 franchi lordi).
I bassi salari non sono l’unico problema che si registra all’interno della Gipienne SA. La direzione, infatti, ha sviluppato una serie di comportamenti inaccettabili: straordinari ordinati all’ultimo minuto, pagamento difficoltoso dello stipendio (ritardi), “punizioni fisiche” per lavori svolti male: turni di lavoro di 12 ore, spostamento di blocchi di metallo da 40kg senza dispositivi di sollevamento pesi, ecc.
Alla stessa stregua, sono commesse infrazioni gravi nei confronti del rispetto della salute e della privacy delle operaie e degli operai: assenza di un ambiente aziendale a norma di legge, lavoratrici che dovevano condividere gli spogliatoi con i colleghi, ecc.
Ovviamente, la Gipienne non brilla neppure per quanto riguardo il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Quando il direttore, Pietro Nucera, ha lasciato intendere, nel corso del 2012, di voler “ridimensionare” la 13ma mensilità, le operaie e gli operai hanno chiesto l’intervento del sindacato Unia, rivendicando salari dignitosi e un contratto collettivo aziendale. La presa di posizione della direzione è stata chiara e netta: 5 associati Unia che avevano richiesto l’intervento del sindacato sono stati licenziati. Con questa misura brutale, la direzione è riuscita a sradicare il tentativo da parte delle maestranze di migliorare la loro situazione lavorativa. In questo modo, un’altra industria che vive soprattutto grazie al fatto di sfruttare una forza lavoro a buon mercato e altamente ricattabile – vista la crisi economica che imperversa in Italia – può continuare indisturbata ad accumulare profitti, con la benedizioni delle nostre autorità politiche e delle associazioni padronali.