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Unia Regione Ticino e Moesa
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Il caso che andiamo è a presentare non necessità di grandi commenti. Sfruttamento allo stato puro. Dopo aver letto quanto segue, coloro che ancora considerano che un lavoro debba permettere di condurre una vita perlomeno dignitosa, avranno due reazioni possibili: farsi vincere dal pessimismo oppure esplodere di rabbia. Per noi ne esiste una terza: riconsiderare l’importanza di disporre di strumenti legali in grado di fissare, per esempio, dei salari degni e per imporre il loro rispetto a delle imprese il cui obiettivo è sempre più l’esclusiva ricerca del massimo profitto.
Il nostro caso riguarda la società Auto Tenero SA ubicata a Tenero-Contra, di proprietà di Morciano Massimo, presidente del consiglio d’amministrazione, e di Gabriele Lo Bianco, vice presidente. La Auto Tenero SA è concessionario per il marchio Renault e Dacia. La società vende anche auto di occasione e possiede un’officina di riparazione.
Il mercato svizzero delle automobili è un settore con il vento in poppa: nel 2011 sono state immatricolate 327’955 nuove macchine, 334’045 nel 2012 e 310’154 nel 2013. L’anno che si è appena concluso, dovrebbe proporre dei valori simili al 2013. È dal 2001 che non si registrano risultati di questo genere. Anzi, il 2011 e il 2012 sono stati anni di record assoluti.
In Ticino, la situazione si presenta positiva. Secondo i dati statistici dell’Unione professionale svizzera dell’automobile (Sezione Ticino), al 31 agosto 2014, sono state vendute 11’894 nuove automobili e 25’236 automobili d’occasione, 11’870 e rispettivamente 25’364 nel 2013, 12’341 e 24’407 nel 2012. Un mercato, dunque, che tiene in maniera egregia.
Ma non basta. Almeno per la società Auto Tenero SA. Per incrementare il margine di profitto, i titolari delle ditta hanno pensato di rifarsi sul loro nuovo dipendente, assunto come “venditore di automobili”. Il contratto del neoassunto (cfr. Doc 1), domiciliato con permesso C, prevedeva un tempo d’impiego al 100%, 45,5 ore la settimana, dal lunedì al sabato a mezzogiorno. La retribuzione si componeva di un salario fisso e delle provvigioni realizzate dal venditore. Il salario fisso ammontava a ben 800 franchi lordi (!) per 12 mensilità! Un salario fisso praticamente inesistente che permetteva alla società di pagare dei contributi sociali irrisori e, naturalmente, di sottrarsi al pagamento della provvidenza professionale (LPP), dal momento in cui vi sottostanno solo i salari superiori ai 21’000 franchi lordi. E per quanto riguarda le provvigioni? Vediamo alcuni esempi:
200 franchi per ogni auto Dacia venduta;
100 franchi per ogni leasing stipulato;
100 franchi per ogni assicurazione fatta;
300 franchi per ogni auto d’occasione venduta;
300 franchi per ogni auto Renault venduta.
Se prendiamo come riferimento un salario di 4’000 franchi lordi, il venditore della Auto Tenero SA avrebbe dovuto vendere ogni mese (dedotto il “salario fisso di 800 franchi lordi”):
Almeno 16 auto Dacia, oppure
Almeno 32 leasing, oppure
Almeno 32 assicurazioni, oppure
Almeno 10 auto d’occasione, oppure
Almeno 10 auto Renault.
In sostanza, più che un venditore, il nostro lavoratore avrebbe dovuto essere un mago. E infatti, il salario netto (fisso e provvigioni) incassato dal nostro venditore fluttuava da un minimo di 1’000 a un massimo di 2’000 franchi al mese. Inoltre, alcune volte, il salario è pure stato versato in ritardo e nessuna busta paga è mai stata fornita al diretto interessato!
Il finale di questa di questa triste vicenda è facilmente prevedibile. Il nostro lavoratore, dopo aver richiesto per iscritto un adeguamento del salario fisso proporzionalmente a una prestazione lavorativa pari al 100%, si è visto costretto a rescindere il contratto e a ricorrere alla disoccupazione. Naturalmente, le indennità disoccupazione rifletteranno il salario infame imposto al venditore… E quest’ultimo, giova ricordarlo, era comunque a disposizione della società, 5,5 giorni e mezzo, 45,5 ore la settimana, anche quando non riusciva a vendere auto o polizze assicurative, sicuramente occupato in altre mansioni… Un caso emblematico che ripropone la necessità di salari minimi imposti per legge. Al di là da quello che è stato il responso delle urne.