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Unia Regione Ticino e Moesa
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Dopo trent’anni di attività, il 16 ottobre 2015 è stato decretato il fallimento della ditta F.lli Corbella di Grono, nota impresa attiva nell’industria della carpenteria metallica. Venticinque sono gli operai che ormai hanno perso definitivamente il posto di lavoro.
Nell’articolo apparso sul Corriere del Ticino il 17 ottobre, e ripreso da in seguito da diversi portali internet ticinesi, si legge che il fallimento della ditta è dovuto al «“buco” complessivo (…) pari a 4,8 milioni di franchi, dovuto sostanzialmente ai problemi di liquidità che si sono trascinati negli anni nonché al calo degli ordinativi a causa del franco forte». Benedetto franco forte che permette di nascondere tutto… Nessuno approfondimento è offerto per permettere ai lettori di capire l’origine dei “problemi di liquidità”…
Detta così, sembra la descrizione di una delle tante parabole discendenti nel panorama industriale della Svizzera italiana. Come troppo spesso succede, questo fallimento sarà semplicemente classato come il risultato dell’implacabile legge del mercato: chi non regge la concorrenza è destinato a soccombere.
Un’attitudine semplice e comoda perché permette di continuare a tenere ben chiuso il vaso di Pandora del sistema economico nel quale viviamo.
Un’analisi critica e più sistematica di questi fenomeni concreti sfocerebbe in una serie d’importanti domande la cui risposta, per chi intellettualmente e politicamente onesto, potrebbe scardinare alcuni valori considerati assoluti in materia di “responsabilità sociale” degli imprenditori e della (quasi) totale libertà offerta loro dal nostro regime economico.
Per questa ragione abbiamo pensato di offrire un’altra prospettiva, critica ma documentata su questo ennesimo fallimento, liquidato con interessata leggerezza.
I Corbella imprenditori…
Per capire al meglio i retroscena che si nascondono dietro questo triste e forse evitabile fallimento, è senz’altro necessario ripercorre brevemente l’avventura imprenditoriale della famiglia Corbella.
Nel 1957 nasce, a Grono, la F.lli Corbella di Giuseppe e Ugo Corbella, ditta che continua l’attività della piccola officina del padre Isaia (fabbro ferraio). Inizialmente l’impresa si occupa di piccole riparazioni meccaniche. Con l’ampliarsi della produzione i due fratelli acquistano un terreno in zona Pascoletto, sempre a Grono e costruiscono il primo capannone. La produzione si evolve inizialmente verso la carpenteria metallica poi si amplia anche verso la meccanica e la componentistica. Gli affari prosperano gradualmente. È così che nel 1987 i due fratelli fondano la F.lli Corbella SA, società che si occupa di attività industriali nel campo della carpenteria metallica e della costruzione di macchine.
A metà anni novanta, a insaputa del fratello Ugo, Giuseppe acquisisce dal fallimento la OEMB di Giornico, ditta con la quale già la F.lli Corbella SA intratteneva dei rapporti di lavoro. Grazie agli scoperti di OEMB nei confronti della F.lli Corbella SA, Giuseppe ebbe gioco facile e acquisì privatamente una partecipazione azionaria maggioritaria. La F.lli Corbella SA quindi, ha insaputa del 50% dei suoi azionisti, funse da “banca” per questa operazione privata di Giuseppe e figli (Calo e Diego). Da qui i rapporti tra i due fratelli si incrinarono. Da un giorno all’altro Diego Corbella, figlio di Giuseppe, diventa amministratore delegato della OEMB SA.
Le acquisizioni di altre ditte da parte di Giuseppe Corbella e figli non si fermano però alla OEMB.
Nel dicembre 2009, Giuseppe Corbella con i figli Carlo e Diego aprano la Bema Suisse SA di Grono, rilevando la Bema Srl di Luisago, ditta che si occupa della costruzione di macchine per la lavorazione di tubi. La fondazione di questa società avviene con il concorso degli industriali italiani Adelio Bersani e il figlio Giuseppe. In effetti, la Bema era una fabbrica storica di Luisago (CO), fondata appunto dai Bersani. Entrata in una crisi profonda a inizio 2009, la Bema è fatta fallire nel novembre del 2009, nonostante, sembra, delle promesse di una sua ricapitalizzazione. Per, all’apparenza, soli complessivi 503’000 euro, Giuseppe Corbella acquista all’asta marchio, brevetti, magazzino e mezzi di produzione che trasferisce a Grono.
Per acquisire la Bema di Luisago, Giuseppe fa capo a una triangolazione finanziaria attraverso due ditte “Off-shore” americane (la CEPAMACH CORP. e la FORTEX TRADE CORP.) che fatturano a Corbella aggiungendo un rincaro. Il plusvalore (prelevato dalla F.lli Corbella SA) sarebbe dovuto rientrare in circolo come capitale della Bema Suisse. Anche i soci italiani avevano però già fatto il loro calcolo sul destino del plusvalore.
Ancora una volta Corbella ha fatto da “banca” agli affari privati di Giuseppe. Tutto ciò senza che il restante 50% degli azionisti (Anna e Cesare Corbella, eredi diretti di Ugo Corbella deceduto nel marzo del 2007) della F.lli Corbella fosse in alcun modo messo al corrente dell’intera operazione.
A questo punto Anna e Cesare Corbella fanno richiesta di verifica speciale al tribunale distrettuale.
Grazie a una Legge sussidiaria alle SA, la verifica non viene concessa, il Giudice intima però a Giuseppe di voler dare al restante 50% degli azionisti i più ampi e approfonditi ragguagli in merito all’acquisizione Bema. I ragguagli non saranno mai dati, non solo, grazie a uno statuto obsoleto Anna e Cesare Corbella, con il voto doppio del presidente del CdA (Giuseppe) ne sono esclusi.
Nella nuova Bema Suisse SA, nel cui consiglio d’amministrazione siederanno i Corbella e i Bersani, questi ultimi abbandonano l’impresa nel 2011. È con tutta probabilità in questo periodo che si accelera la crisi della Bema Suisse SA. Per tentare di tenerla a galla, i Corbella cercano liquidità disperatamente. E la trovano nella… F.lli Corbella. Infatti, a bilancio di questa società compare un credito di ben 829’501 franchi a favore della Bema Suisse SA.
Nel 2013, la crisi della Bema Suisse SA è ormai indiscutibile. Presentando l’esercizio 2013, il revisore dei conti notifica al consiglio d’amministrazione l’obbligo di depositare i conti in tribunale, sulla base dell’articolo 728 del Codice delle obbligazioni. Non solo i Corbella se ne infischiano degli obblighi di legge ma addirittura danno il benservito alla fiduciaria…
E qui poniamo una prima domanda: ma come funzionano i controlli in questo paese? Perché nessuna autorità preposta è intervenuta e interviene in merito?
L’operazione è altamente pericolosa perché si drenano capitali da una ditta ancora in salute verso una ditta ormai in punto di morte. Lo scorso mese di agosto, la Bema Suisse SA è sciolta in seguito a fallimento pronunciato con decreto del Presidente del Tribunale distrettuale Moesa… Ma non è tutto. Anche la Oemb SA ottiene un credito di 680’040 franchi, prelevati dalla cassa della F.lli Corbella SA.
Un duplice assassinio economico e sociale…
Nella vicenda che stiamo svolgendo, questo trasferimento di liquidità dalla F.lli Corbella verso le società Bema Suisse SA e Oemb SA riveste un’importanza centrale. Il commissario incaricato della moratoria concordataria scrive nel suo rapporto che senza la zavorra dei crediti, il risanamento della F.lli Corbella SA sarebbe stato possibile. Questa l’affermazione del commissario contenuta nel rapporto datato 30 giugno 2015: «È infatti evidente che la perdita con le due società vicine, pari a circa 1,5 milioni di CHF, è il motivo principale del dissesto finanziario che ha portato alla crisi di liquidità e probabilmente all’inevitabile fallimento».
Di conseguenza, si può arrivare alla conclusione che la politica imprenditoriale di stampo parassitario praticata dalla proprietà ha provocato intenzionalmente uno stato di debolezza finanziaria – la mancanza della liquidità necessaria per affrontare dei momenti più complicati – nei confronti della F.lli Corbella SA, probabilmente l’unica società della famiglia che aveva i mezzi per stare perlomeno a galla…
La (ir)responsabilità della proprietà non si limita, però, al passato recente. Infatti, questa ha ucciso, sostanzialmente, due volte la ditta F.lli Corbella. Se il consistente credito elargito alla Bema Suisse SA era da tempo da considerare perso, quello aperto con la Oemb SA poteva ancora essere realizzato. Sempre dal rapporto del commissario della moratoria, scopriamo come quest’ultimo abbia tentato di recuperare liquidità bussando alla porta della Oemb: «in data 27 aprile 2015 [la moratoria concordataria è iniziata il 4 aprile] ho ricevuto una breve email dall’avv. Mauro Molo, legale della Oemb SA, del seguente tenore “facendo seguito al nostro colloquio della scorsa settimana, devo purtroppo comunicarle che per Oemb SA è attualmente impossibile, anche solo parzialmente, far fronte al debito professato nei confronti della Corbella F.lli SA”. Ho successivamente scritto una lettera raccomandata e diverse email alla società debitrice e al suo Presidente Carlo Corbella chiedendo informazioni in merito al riconoscimento e al rimborso del debito. Finalmente il 5 giugno 2015 [2 mesi dopo l’inizio della moratoria!] Oemb SA ha risposto alle mie richieste senza comunque riconoscere di dovere alla Corbella F.lli SA alcun importo preciso e soprattutto senza menzionare alcun piano di rimborso». Parole pesanti come macigni.
Il rifiuto da parte dell’Oemb (e dunque dei fratelli Corbella) di rifondere il debito alla società F.lli Corbella ha avuto pesanti conseguenze come confermato dallo stesso commissario: se ci fosse stata una minima disponibilità di Oemb SA a rimborsare anche solo una parte del debito, ci sarebbero stato molte più speranze di riuscire a trovare una soluzione».
Non è dunque esagerato parlare di duplice assassinio economico e sociale. Anche perché il commissario calcolava in 136’000 franchi il fabbisogno finanziario per poter elaborare una proposta di concordato ordinario! Una cifra molto modesta se ci fosse stata la reale volontà di salvare la ditta e i posti di lavoro! E questa era un’ipotesi tutt’altro che campata in aria. Nel suo complemento all’istanza di revoca, datato 27 luglio 2015, il commissario scriveva al Presidente del Tribunale distrettuale Moesa sottolineando come la F.lli Corbella SA «ha continuato a lavorare fino a settimana scorsa, fatturando tutti i lavori che hanno potuto essere conclusi. Durante il periodo della moratoria provvisoria la società ha realizzato una cifra d’affari di oltre CHF 1’000’000! (…) L’attività svolta durante la moratoria provvisoria ha pertanto permesso di non peggiorare la situazione e di far fronte, nonostante tutte le difficoltà, a tutti i costi correnti. Ciò dimostra che se non ci soffero stae le perdite BEMA e OEMB, la società avrebbe potuto trovarsi in tutt’altra situazione. Se almeno la OEMB avesse provveduto a far fronte al suo impegno, probabilmente sarebbe stato possibile trovare una soluzione ». Alla faccia di una ditta uccisa dell’impersonale “mercato”… Addirittura, il commissario annotava che «per chi fosse veramente interessato a rilevare gli attivi e l’attività della società, l’investimento finanziario non sarebbe superiore al valore di liquidazione degli attivi [4,685 milioni di franchi] e potrebbe rappresentare un investimento interessante».
Quanto precede dimostra l’importanza di andare a fondo delle questioni, di non accontentarsi dei articoli giornalisti superficiali, scritti per coprire un sistema e una classe imprenditoriale votata al solo conseguimento dei suoi interessi privati, in barba alla tanto sbandierata “responsabilità sociale”. Il caso esposto mostra che ci sono delle precise responsabilità nel fallimento…
La punta dell’iceberg di una tragedia oppure… c’è dell’altro?
La questione del credito stanziato dalla F.lli Corbella SA nei confronti della Oemb SA contiene altri inquietanti risvolti. Tale credito, lo ricordiamo, ammontava a 680’040,35 franchi. Questa somma era gravata da un pignoramento di 200’000 franchi emesso dall’Ufficio di esecuzione per conto della Cassa AVS e dell’IVA.
Il 27 marzo 2015 è stato messo all’incanto il credito di 200’000 franchi pignorato su ordine dell’AVS e dell’IVA. All’incanto, secondo nostre informazioni, si presenta solo l’avvocato Tuto Rossi, su mandato di Carlo Corbella. Rossi “acquista” il credito per la cifra irrisoria di 1’000 franchi! Ricapitoliamo: la società F.lli Corbella – posseduta da Carlo e Diego Corbella – si vede mettere all’incanto una parte del credito posseduto nei confronti della società Oemb SA, di proprietà dei fratelli Carlo e Diego Corbella! L’avvocato Tuto Rossi compra per un tozzo di pane il credito in questione per conto di Carlo Corbella, il quale alla fine è riuscito ad accaparrarsi privatamente la somma di 199’000 franchi! Geniale. In sostanza, Carlo Corbella ha sottratto degli attivi, apparentemente in totale legalità, alla sua società F.lli Corbella, contribuendo a darle una mazzata definitiva. Da notare che la moratoria concordataria provvisoria è stato chiesta dai fratelli Corbella solo il 1° aprile, moratoria che avrebbe bloccato qualsiasi possibilità d’intervenire sui conti della ditta e d’indire l’asta per la messa all’incanto del credito pignorato…
Interessante la risposta di Carlo Corbella su questi movimenti rilasciata al commissario in data 5 giugno 2015: che «per quanto riguarda il credito acquistato dall’Avv. Tuto Rossi per conto del sottoscritto (e non di OEMB SA), desidero comunicarle quanto segue. L’operazione (…) si prefiggeva di evitare che il credito fosse acquistato all’incanto da terzi per una somma irrisoria [sic!], con l’effetto che la Fratelli Corbella SA si sarebbe impoverita senza che la OEMB ne traesse alcun beneficio. Siccome l’operazione, ad un giudizio superficiale e di facciata, avrebbe potuto lasciar supporre l’esistenza di macchinazioni a danno dei soggetti coinvolti o dei creditori [sic!], si è preferito evitare di dar fiato alle illazioni optando per l’interposizione di un fiduciario. Evidentemente, l’operazione è però perfettamente legale, giacché l’incanto si è svolto regolarmente, approdando all’aggiudicazione del credito al miglior offerente [un solo offerente che ha sborsato la miseria di 1’000 franchi!]. Di conseguenza, anche in considerazione del fatto che il credito ceduto non riveste un’importanza rilevante ai fini di un eventuale concordato, ritengo che una retrocessione dello stesso alla Fratelli Corbella SA non obbedisca, allo stato attuale, ad una vera necessità. Con questo non intendo tuttavia chiudere definitivamente la porta a un futuro ripensamento qualora le circostanze lo suggerissero». Incredibile. Però almeno una cosa il signor Carlo Corbella dovrebbe dirla ai cittadini/lavoratori che dovranno accollarsi i costi sociali delle sue (e del fratello) capacità imprenditoriali: cosa ne faranno di questi 199’000 franchi?
Non sappiamo se l’operazione sia legale o meno ( spesso la differenza è sottile), però, nella nostra ingenuità, alcune domande ce le poniamo ugualmente: qual è la logica perseguita dall’AVS e dall’IVA in questa operazione? Se la vendita all’incanto di questo credito doveva permettere alle rispettive casse di recuperare i contributi non riversati nel tempo dalla Flli Corbella SA, di fatto, l’esecuzione di questi crediti pignorati, ha comportato una diminuzione degli attivi societari di 199’000 franchi ( a fronte di un misero incasso di 1’000 franchi!). Queste due istituzioni federali, come giustificano un’operazione che ha oltremodo danneggiato i creditori danneggiati Flli Corbella SA? Chissà se mai avremo una risposta. La Svizzera è un paese fantastico, ma solo… per i padroni.
Le altre nefandezza dei fratelli Corbella coperte dal menefreghismo generale…
I fratelli Corbella non si sono limitati alle operazioni descritte più sopra. Come ormai sembra essere una prassi consolidata in molti fallimenti – ritorneremo su questa tematica – anche i due fratelli si sono permessi il lusso di non pagare, a partire dal 2014, diversi oneri sociali. Obblighi peraltro prescritti dalla legge…
Procediamo con ordine. Secondo il bilancio stilato dal commissario in data 27 luglio 2015, l’AVS era creditrice nei confronti della ditta F.lli Corbella della bazzecola di 346’954 franchi. Detto in altre parole, i fratelli Corbella non hanno pagato il primo pilastro ai loro dipendenti. Chi dovrà coprire questo ammanco? Per metà almeno, dalla collettività composta essenzialmente da lavoratori. Sempre secondo il bilancio citato, i fratelli Corbella non hanno neppure pagato, dal 2014, i contributi del secondo pilastro. L’ammanco contabilizzato è di 399’405 franchi. La Basilese Assicurazioni ha disdetto la copertura per il 31 dicembre 2014 ma come troppo spesso accade, per non dire sempre, non si è assolutamente presa la briga di informare le parti sociali, le istituzioni statali, gli organi di controllo del problema in essere. Indipendentemente dagli eventuali obblighi legali, ecco un’altra dimostrazione della responsabilità sociale che anima queste istituzioni private…
Lo stesso dicasi a proposito della copertura assicurativa per la perdita di guadagno. I mancati versamenti in questo caso ammontano a 117’421 franchi. L’assicurazione Helsana SA ha anch’essa rescisso il contratto assicurativo nell’aprile 2014. Nessun lavoratore della F.lli Corbella SA è stato avvertito di avere trascorso più di un anno senza copertura assicurativa. È vero, Helsana SA ha stipulato il contratto con la ditta F.lli Corbella SA e non con i suoi operai… Per completare l’opera, alla richiesta del commissario di riattivare la copertura almeno durante la moratoria provvisoria, pagando puntualmente i relativi premi, Helsana SA ha opposto un chiaro rifiuto… Infine citiamo anche il fatto che la F.lli Corbella si è dimenticata di pagare 416’821 franchi di IVA, soldi quindi sottratti all’erario pubblico.
A rendere il tutto ancora più inaccettabile e grave vi è il fatto che alla forza lavoro tutti i contributi sono stati puntualmente prelevati in busta paga. Due sono le ipotesi che possiamo formulare quanto alla destinazione di questi soldi. La prima che sono stati usati per “garantire” la liquidità finanziaria necessaria per pagare mensilmente i dipendenti: gli oneri sociali non versati durante un mese servivano a finanziarie una parte consistente del salario del mese successivo. Detto altrimenti, gli stessi lavoratori si pagavano una quota importante del loro salario… La seconda che le deduzioni prelevate in busta paga però mai riversate alla assicurazioni sociali finivano in un qualche cumulo dei fratelli Corbella per far fronte a non meglio precisate spese.
In ogni modo, è evidente che i fratelli Corbella si sono intascati i contributi sociali degli operai, non destinandoli agli scopi previsti dalle leggi. Un fatto estremamente grave. Per la Legge sulla previdenza professionale chi preleva dalla busta paga i contributi pensionistici ma li “destina” a un altro scopo è passabile di una denuncia penale.
Abbiamo visto come le istituzioni attive in questo ambito non si siano neppure degnate di lanciare un piccolo gridolino d’allarme. Per fortuna, il sindacato Unia ha già depositato una denuncia penale nei confronti della proprietà della ditta F.lli Corbella. Lo ribadiamo: queste pratiche sono sempre più ricorrenti ma avvengono nell’indifferenza quasi totale. Un’inversione di rotta radicale è necessaria. E per smuovere le acque bisogna passare dalla denuncia sistematica di questi padroni, in sede penale e fra l’opinione pubblica.
Alcune considerazioni di fondo
Il caso concreto cha abbiamo raccontato nelle pagine che precedono suggerisce alcune riflessioni di fondo.
In primo luogo, non è più possibile affrontare con superficialità questo genere d’informazioni. Altrimenti la responsabilità diventa palese nel voler difendere un sistema al quale tutto è permesso, anche non rispettare le (poche) leggi che lo stesso si è dato. La realtà di questo cantone, come anche di tutto il paese, è caratterizzata da molti, troppi, casi Corbella. Nasconderli serve solo a permettere la riproduzione e, quindi, la crescita di pratiche inaccettabili, costruite sullo sfruttamento sempre più brutale di coloro che per vivere devono vendere la propria forza lavoro. Un processo degenerativo che incancrenisce il tessuto sociale, che trita diritti scritti e non.
In secondo luogo, appare evidente come la Svizzera sia il Paradiso dei padroni. A questi ultimi tutto è concesso e, spesso, nella perfetta legalità. Pochi sono i vincoli imposti alla loro quasi completa libertà d’azione. E anche quando li superano, godono di un’impunità quasi completa. Per non parlare dell’esistenza di un controllo maggiore sui vari attori che intervengo nei rapporti fra padroni e lavoratori, per esempio nella sfera delle assicurazioni sociali. Nessuno obbligo d’informazione grava sulle spalle delle casse pensioni, delle casse malati, ecc. Chi abusa beneficia così di una protezione supplementare. In materia di fallimenti poi, la situazione sta assumendo contorni drammatici. Vien quasi da dire che il ricorso al fallimento si sta affermando, in certi ambiti, come vera e propria variabile imprenditoriale. Se si evitano i pochi rischi penali, il fallimento può rivelarsi uno strumento piuttosto comodo. Soprattutto fino a quando il mancato pagamento dei salari continuerà a essere considerata una semplice infrazione di ordine civile, senza grandi conseguenze per i padroni che praticano questa soluzione imprenditoriale. I lavoratori dipendono completamente dal salario. Il suo mancato pagamento dovrebbe essere considerato come un delitto grave, punibile severamente. Siamo lontani anni luce da una configurazione di questo genere. Oggi la realtà è che il sistema permette ai padroni di fare praticamente tutto quello che vogliono per difendere i loro interessi. Con una responsabilità enorme nel degrado sociale che sta marchiando questo cantone…
Infine, questi casi illustrano come i padroni si limitano a socializzare i costi delle loro malefatte imprenditoriali. Nessuno andrà a chiedere il conto ai fratelli Corbella per i dissesti finanziari provocati. Sarà la collettività, composta essenzialmente di salariati, a dover intervenire attraverso vari fondi di compensazioni pubblici. Forse è giunto il momento d’imporre un’altra prospettiva: i danni generati dai padroni devono essere pagati da loro, integralmente. Non esiste nessuna spiegazione oggettiva o soggettiva capace di giustificare la non applicazione di questo principio. Qualcosa, in questo senso, sta bollendo in pentola…