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Unia Regione Ticino e Moesa
Segretariato di Manno
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A fine settembre, 5 gessatori, sostenuti dal sindacato Unia, si sono presentati in Via Pretorio a Lugano, presso la sede del Ministero pubblico. L’obiettivo della trasferta? Denunciare penalmente l’azione del loro padrone. Possibile capo d’accusa: reato d’usura. Il codice penale svizzero, all’articolo 157, paragrafo 1, definisce così questo crimine: «Chiunque sfrutta lo stato di bisogno o di dipendenza, l’inesperienza o la carente capacità di discernimento di una persona per farle dare o promettere a sé o ad altri, come corrispettivo di una prestazione, vantaggi pecuniari che sono in manifesta sproporzione economica con la propria prestazione». Ed è punibile con la reclusione sino a cinque anni. Si tratta, quindi, di un crimine particolarmente odioso e grave. Certo, qualcuno potrebbe sorprendersi e chiedersi se è possibile che questo tipo di reato si verifichi nel mondo del lavoro e in Ticino. Sfortunatamente, la gravità delle infrazioni commesse da una parte, crescente, del padronato obbliga e obbligherà i lavoratori e i sindacati a rivolgersi con sempre maggiore frequenza al Ministero pubblico. Torniamo però ai fatti relativi all’oggetto della nostra denuncia.
Orario pieno, salari dimezzati…
La ditta denunciata al Ministero pubblico è la Muvartes SA fondata nel 1998 e attiva, in particolare, nella «produzione, fornitura e posa in opera di cartongesso, costruzioni, restauro e manutenzione di prefabbricati civili, industriali, artigianali e commerciali». La sede giuridica è presso la ditta MC Trans SA di Stabio, il cui proprietario, Andrea Maghetti, figura pure quale amministratore unico della Muvartes SA. Anzi, figurava. Infatti, dall’ultimo 11 ottobre, Andrea Maghetti ha dimissionato, lasciando la società priva di amministrazione… In realtà Maghetti è un prestanome, dietro la Muvartes SA si cela Andrea Ravanelli, della famiglia proprietaria del Gruppo Ravanelli, ubicato a Gardolo, provincia di Trento.
Secondo quanto abbiamo potuto appurare, la Muvartes SA ha agito a intermittenza in Svizzera. Il primo appalto documentabile è rappresentato, nel 2007, dalla costruzione di moduli abitativi presso il cantiere Alptransit di Sigirino. Negli ultimi due anni circa, la Muvartes SA ha ripreso a lavorare in maniera attiva, in particolare nel Luganese (cantieri a Paradiso, Castagnola, Vaglio, ecc.). Per eseguire i suoi appalti, la Muvartes ha mobilitato tra il 2015 e il 2016, un esercito di lavoratori distaccati, italiani e rumeni. Tra il 2015 e il 2016, sono stati notificati permessi per oltre 50 operai gessatori, troppi rispetto alle esigenze produttive della Muvartes SA.
La spiegazione di questa mobilitazione importante di forza-lavoro si spiega con la “linea imprenditoriale” adottata da Andrea Ravanelli, basata sul prendere appalti a prezzi stracciati per il Ticino ma controbilanciati dalle paghe “italiane” imposte agli operai impiegati.
L’imprenditore trentino, sicuramente ben guidato da consiglieri indigeni, ha infatti elaborato un sistema tanto semplice quanto efficace attraverso il quale praticare l’usura. Ravanelli imponeva agli operai un salario di 10 euro/ora. Poi elaborava una busta paga sostanzialmente corretta (cfr. documento A e B). Però, per aumentare il tasso di profitto, il padrone della Muvartes SA andava oltre. Infatti, in busta paga venivano ridotte anche le ore effettivamente lavorate: invece di marcare 200 ore, ne figuravano solo 100. Gli operai erano poi obbligati a firmare la busta con l’aggiunta a mano “confermo le ore lavorate e pagate”. Ma perché “tagliare” le ore effettive quando comunque Andrea Ravanelli pagava sempre un salario attorno ai 1’500 euro? Semplicemente perché riducendo il numero di ore lavorate risparmiava anche sugli oneri sociali da pagare! Per esempio, i contributi AVS erano così pagati su 100 e non su 200 ore… Ben consigliato, Ravanelli non ha neppure stipulato un contratto di cassa pensione in quanto aveva previsto che nessun operaio avrebbe lavorato per più di 3 mesi. L’ingordigia lo ha spinto addirittura a disdire entro fine 2015, il contratto per l’indennità perdita di guadagno in caso di malattia… Ma non è ancora finita. Le indennità pasto e le trasferte non erano pagate, in quanto “compensate” dal fatto che a una parte di operai erano pagati vitto e alloggio direttamente dalla Muvartes SA. Nell’appartamento messo a disposizione dalla ditta erano stipati fino a 8-10 operai, con una doccia e un gabinetto, come documentato dalle foto che pubblichiamo (foto A, B, C). E per finire, la “paga italiana” era versata il primo mese, poi arrivavano piccoli e scarsi acconti. Fino a quando i rubinetti si chiudevano del tutto. A questo punto, per evitare problemi, Ravanelli dava un ultimo “contentino” e faceva entrare una nuova squadra di gessatori. Da qui, il numero elevato di permessi richiesti. Naturalmente i “salari” erano pagati in contanti, per evitare qualsiasi tracciabilità delle criminose manovre.
Un meccanismo semplice ma difficile da smascherare. È solo grazie alla costruzione di rapporti di fiducia, intrapresa dai funzionari Unia con una parte di questi operai, che è stato possibile convincerli a rivolgersi al Ministero pubblico. Un lavoro lungo e difficile che ha dato i suoi frutti anche grazie al lavoro del Procuratore Pubblico Generale e dei suoi collaboratori.
L’usura rende parecchio…
La giurisprudenza stabilisce che fra i vari elementi per definire il reato di usura, vi è il criterio dalla sproporzione tra le retribuzioni realmente corrisposte e i salari, nella fattispecie, fissati in un Contratto Collettivo di Lavoro (CCL). La sproporzione è manifesta a partire dal 25-30%. Nel caso degli operai della Muvartes SA, almeno di quelli che il sindacato Unia è riuscito ad appurare, la sproporzione superava ampiamente il 30%. Per i cinque casi portati davanti al Ministero pubblico, il sindacato Unia ha rivendicato, e ottenuto, una somma superiore ai 100’000 CHF netti. Vi è da chiedersi, quindi, a quanto ammonta realmente il prodotto dell’usura realizzato da Andrea Ravanelli. Un calcolo difficile, tenuto conto dell’elevato numero di dipendenti che sono passati attraverso la Muvartes SA. Non è da escludere che la somma complessiva possa aggirarsi attorno al milione di franchi. Difficilmente tutti i lavoratori potranno recuperare quanto è stato loro sottratto in maniera criminale. Ma grazie all’azione del Ministero pubblico è stato perlomeno possibile recuperare una parte dei soldi incassati dalla Muvartes SA e rifondere i cinque operai che hanno denunciato il loro padrone. Ma confidiamo pure nella condanna penale del signor Andrea Ravanelli: un monito chiaro che attività criminose come quella che abbiamo raccontato saranno perseguite anche sul piano penale, combattute sul terreno dal sindacato Unia e diffuse pubblicamente fra la popolazione.
Il ruolo sempre più determinante dei committenti nella “mala-edilizia”
Gli effetti negativi di questa vicenda non termineranno con la probabile penale di Andrea Ravanelli. Altri lati oscuri accompagnano questa vicenda, così come tante altre con le quali il sindacato Unia si imbatte sempre più spesso. Alludiamo al ruolo e alla responsabilità dei vari committenti, studi d’architettura e d’ingegneria, direzione lavori. La Muvartes SA si fregia di aver collaborato con diversi “professionisti elvetici”: gli studi d’architettura A++ Lugano – Arch sa e Arlan.ch Sagl di Lugano, lo studio d’ingegneria Rolando Spadea Sagl di Lugano, la DC Domus Constructa Direzione Lavori Sagl di Mendrisio. Sui cantieri gestiti da queste società hanno lavorato i gessatori che hanno sporto denuncia presso il Ministero pubblico. A questo punto è inevitabile porsi una serie di domande. Per esempio, perché dei professionisti del settore dell’edilizia appaltano dei lavori importanti a una ditta, nel nostro caso la Muvartes SA, che ha operato solo sporadicamente sul territorio, quindi incapace di offrire quelle garanzie derivanti da una lunga esperienza nell’edilizia ticinese? Non esistono sul territorio cantonale ditte competenti, capaci di assumere lavori di plafonatura, di posa di cappotti esterni, ecc.? Porre la domanda, significa già immaginare la risposta: la Muvartes SA ha ottenuto questi appalti perché ha offerto prezzi particolarmente “convenienti”, prezzi più vicini a quelli italiani che a quelli ticinesi. E allora ci permettiamo di porre un’altra domanda: è possibile che questi “professionisti ticinesi” non fossero a conoscenza dei prezzi locali per le opere di gessatura e quindi non abbiano rimarcato la consistente differenza con quelli offerti dalla Muvartes SA? Non ci sembra oggettivamente possibile. La conclusione dunque è solo una: questi “professionisti” hanno scelto scientemente di dare lavoro a una ditta che pratica prezzi notevolmente più bassi rispetto a quelli del mercato ticinese, prezzi che possono essere proposti unicamente lucrando sulle condizioni salariali e di lavoro della forza-lavoro impiegata, praticando dunque spesso l’usura.
Appare evidente che per sconfiggere situazioni di dumping salariale e di atti criminosi come l’usura, diventa fondamentale colpire anche quei “committenti” compiacenti che favoriscono l’arrivo di imprese come Muvartes SA all’interno dei confini cantonali. Anzi, colpire questi “committenti” diventerà una priorità, per evitare che la “concorrenza sleale” basata sullo sfruttamento della forza-lavoro estera non diventi il grimaldello attraverso il quale peggiorare le condizioni di lavoro di tutti i gessatori attivi in Ticino.
Il caso Muvartes SA sarà la normalità legale di domani?
Infine, il caso Muvartes SA deve ricollegarci all’attualità che sta scuotendo il settore del gesso ticinese. Facciamo ovviamente riferimento alla decisione del padronato ticinese del gesso di disdire il contratto collettivo di lavoro (CCL). Se oggi possiamo denunciare e fare condannare una ditta come la Muvartes SA, è perché esiste il CCL, ossia un insieme di regole vincolanti che se non rispettate permettono di comunque organizzare una risposta a vari livelli. Se dal 1° gennaio 2017 non esisterà più un CCL del gesso in Ticino, la Muvartes SA potrebbe tranquillamente ritornare e questa volta applicare a suo piacimento qualsiasi livello salariale a lei gradito. Più in generale, “committenti” e ditte del gesso nostrane senza scrupoli potrebbero agire nella più assoluta legalità, imponendo salari e condizioni di lavoro indegne. La strada spianata che ci porterà in una giungla sociale. È possibile che l’Associazione Ticinese Mastri Gessatori e Plafonatori (ATMGP) non si renda conto che con la sua scelta scriteriata si sta scavando la fossa?